Il deserto dei tartari
L’idea del romanzo, affermò Buzzati in un’intervista, nacque «dalla monotona routine
redazionale notturna che facevo a quei tempi. Molto spesso avevo l’idea che quel tran-tran
dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita. È
un sentimento comune, io penso, alla maggioranza degli uomini, soprattutto se incasellati
nell’esistenza ad orario nelle città. La trasposizione di questa idea in un mondo militare
fantastico è stata per me quasi istintiva».
Il deserto dei Tartari narra la storia di Giovanni Drogo, che una mattina di settembre parte
dalla città per raggiungere la fortezza Bastioni, dove trascorrerà tutta la sua esistenza. Il suo
viaggio sembra portare ai confini del mondo abitato, in una costruzione militaresca che
appare «antica e deserta», in un luogo in cui ristagna un torpore misterioso e tutto, dalle
mura al paesaggio, traspira un’aria inospitale e sinistra. Per trent’anni Giovanni Drogo subisce
l’oscuro male dei fortini, delle ridotte, delle casematte, e questa sorta di stregata immobilità
si insinua fra i personaggi, come per salvaguardare il presentimento di nobili imprese.
Qui Drogo attende, come tutti gli altri, che qualcosa dal deserto si muova, ma questo accade
quando la sua vita è giunta al vero confine dell’uomo ed egli muore solo, in una povera
locanda sulla strada di ritorno verso casa.
La storia acquista così una sua forza allegorica, che investe tutti gli uomini in tutti i generi di
lavoro e in tutte le carriere, trattando il senso ultimo di ogni azione e di ogni esistenza.
Virelli