Discesa all'inferno
Charles Williams ci dà personaggi che sono presi dalla vita di tutti i giorni. E direste voglia
vincere la scommessa: nel presentarli come uomini e donne vere; ai quali accadono cose non
diremo inverosimili, perché in libri d’invenzione tutto è ammissibile, ma talmente fuor del
comune da risultare, a certo tipo di lettori, addirittura strambe e magari poco accettabili.
Qui occorre soggiungere che la sua scommessa, in “Discesa all’inferno”, il Williams la vince più
che in qualsiasi altro suo romanzo. E se egli intendesse presentare con fatti umani e
superumani il senso del peccato; o anche certi terrori e certe fonde fantasie che sono
familiari a taluni di noi nella vita, non staremo a indagare: o si procederebbe più per ipotesi
che per sicure precisioni e deduzioni. Rimane un fatto, certo: i brividi che si provano
leggendo sono autentici. E danno, esatta, inconfutabile, l’impressione che autentica è anche
la temperie alla quale lo scrittore ci porta. Non è stato detto: un po’ di questa terra e un po’
del mondo a venire? Ecco fatti, e tremiti, e scene ben terrestri e velature che pare
nascondano irraggiungibili mete; s’intende: non raggiungibili dagli umani fino a quando siano
viventi. Più di quello che Williams ha fatto, per dare a noi la sensazione di una fuga dal
mondo, forse non si può fare. E la verità dei personaggi, così ben delineati e compresi, rende
tanto più maliosa, per via di contrasto, l’aura ultraterrena di qualche scena; di molte scene:
dove un’immaginazione di lirico s’adegua a moti dell’animo fatti attualità di una o più
esistenze.
Fu detto (Ridler) che Charles Williams riesce, con una tecnica da romanzo poliziesco, a farci
“pensare il male” […].

[dalla prefazione di Aldo Camerino]
Bonazzi