Strano male
La diciassettenne Jane Gaskell rappresenta il caso più curioso e interessante della narrativa
inglese d’oggi. A prescindere dallo scalpore creatosi intorno a questo suo primo libro, scritto a
l4 anni, resta che Strano male ha una sua forza, una compitezza, che svincolano il racconto
da ogni sospetto di speculazione editoriale.
Strano male è una favola ricca, una storia dominata dalla fantasia più fervida e libera, una
vicenda in un mondo in « quarta dimensione » attraverso la quale Jane Gaskell — giovanetta
sensibile e colta — esprime con tutt’altro che ingenuo simbolismo il suo pensiero su problemi
fondamentali dell’esistenza quali la banalità delle convenzioni, la sublimità cui può assurgere o
la degradazione in cui può scadere l’amore, la necessità di maggiore fratellanza tra gli
uomini, la delittuosità di certi tentativi di supremazia, il diritto al sogno. Gli echi e gli influssi
che l’autrice subisce nel comporre l’affresco sono avvertibili: Carlyle, J. S. Lewis, James
Branch Cabell, così come il suo vivissimo senso del colore balza evidente nei brani descrittivi
(brani che, come lei stessa dichiara, si richiamano direttamente a certi dipinti di Bosch e
soprattutto alle illustrazioni scespiriane di Emund Dulac); ma tutto questo è filtrato e
ricomposto da uno spirito per nulla infantile, in una parabola che talvolta potrebbe fare invidia
— come ha detto un critico londinese — anche a scrittori giù da tempo affermati.
Strano male è senza dubbio la manifestazione d’un ingegno promettente, sicuro; un’opera alla
quale non si possono negare i pregi di uno stile talvolta raffinato, di una struttura solida, di
una ricchezza di immaginazione inconsueta.
Bonazzi