Peter Pan nei giardini di Kensington
È qui, in questi giardini incantati nel cuore di Londra e in questa favola, seminascosta tra le
pagine di un romanzo per adulti, che nasce e comincia a volare Peter Pan, non ancora
rivestito del clamore che ne avrebbe fatto, di lì a poco, quel grande mito dell’infanzia e della
nostra cultura che tutti conosciamo. Un bimbetto di soli sette giorni, che sa parlare il
linguaggio degli uccelli e delle fate ma non è più uno di loro; che ricorda appena, e con una
strana nostalgia, il mondo dei suoi simili ma non potrà più farvi ritorno. Esiliato nello spazio
magico di una infanzia eterna suo malgrado, Peter Pan, con il suo piffero e la sua capretta,
vivrà per sempre su quel confine, su quei cancelli che lo escludono ogni sera dal mondo della
realtà, degli affetti e dei bambini che diventano adulti. Il «ragazzo che non vuol crescere»,
l’adolescente egocentrico e orgoglioso che sceglie la libertà e l’avventura solitaria dell’Isola
Che Non C’è verrà dopo - nella commedia del 1904 che dette ai suo autore fama mondiale, e
nel romanzo (Peter e Wendy) che da quella fu tratto. Ma prima di tutto questo - prima dei
pirati e di Capitan Uncino, di Nana e Wendy,
e delle immagini indimenticabili che Barrie e poi Walt Disney ci hanno regalato - c’è la favola
struggente che qui viene raccontata: quella di un piccolissimo Peter Pan, metà bimbo e metà
uccello, costretto a restare per sempre, nei Giardini di Kensington, «gaio, innocente e senza
cuore»
Cottogni