Racconti matematici
Nonostante la sua quasi proverbiale astrusità (o forse proprio a ragione di questa), la
matematica non ha cessato di esercitare, negli ultimi centocinquant'anni, un fascino forte,
seppur talvolta sotterraneo, su quanti (artisti, musicisti, scrittori, filosofi) hanno
osservato dall'esterno la sua prodigiosa ricchezza. Per quanto riguarda la letteratura,
sensibili in modo particolare a questo fascino si sono dimostrati poeti, narratori, romanzieri
che nulla accomuna l'uno all'altro, se non il fatto che nelle loro opere, con frequenza e in
misura maggiore o minore, emergono idee o strutture matematiche, affiorano riferimenti ai
numeri transfiniti o alle geometrie non euclidee, balenano metafore costruite su concetti
tratti dall'algebra o dalla logica. Nella maggior parte dei casi - è bene chiarirlo fin da subito
- si tratta di influssi non assimilati in maniera sistematica, né tantomeno sviluppati
secondo un qualche programma didattico o divulgativo. "Niente è piú fecondo, tutti i
matematici lo sanno, - osserva André Weil nel breve saggio 'De la métaphysique aux
mathématiques', - di quelle vaghe analogie, quegli oscuri riflessi che rimandano da una
teoria all'altra, quelle furtive carezze, quelle discrepanze inesplicabili: niente dà un piacere
piú grande al ricercatore" . Lo stesso si potrebbe dire dei rapporti tra letteratura e
matematica: furtive carezze, corrispondenze incerte, echi, suggestioni, consonanze e
dissonanze. (Dall'Introduzione di Claudio Bartocci)
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