La società del tempo
John Brunner, inglese, è nato nel 1934. Vive con la moglie ad Hampstead, nei pressi di
Londra e la sua produzione letteraria ammonta ad una quarantina di libri. Nel 1969, dopo
essere stato finalista per ben due volte, ha finalmente vinto il premio Hugo con il romanzo
The Stand on Zanzibar. Brunner è un autore piuttosto incostante: può passare da opere
di indubbia impegno e valore come The Jagged Orbite quella che gli ha meritato l’Hugo, a
lavori di basso livello come Meeting at Infinity. La verità è che egli scrive molto, forse
troppo, ed essendo un autore professionista nel senso più completo della parola, è
costretto a dare al pubblico tutto ciò che vuole. Questo Times Without Number è una
piacevole via di mezzo. Romanzo dichiaratamente divertente, elegante per molti versi, non
ha certo l’ambizione di rivoluzionare il mondo della SF, ma contiene idee niente affatto
disprezzabili e spunti degni di interesse. L’idea più interessante ci sembra proprio quella di
partenza: l’aver costruito un presente alternato in cui la Grande Armada Spagnola vinse la
flotta inglese nel 1588. Questo fatto, di enorme importanza storica, ha determinato una
strutturazione politica che in fondo non si discosta molto da quella reale: da una parte la
Confederazione dell’Est, sdegnosamente chiusa in sé stessa, e dall’altra l’Impero Spagnolo,
vero dominatore del pianeta. E in questo presente non si viaggia nello spazio, ma nel
tempo. il pregio maggiore dell’opera sta forse nella descrizione di questo presente
alternato, ricostruito con intelligenza nelle sue linee generali. Senza voler fare opera di
storico, Brunner ci mette di fronte ad un mondo abbastanza diverso dal nostro: il
romanzo, con le sue parti, ci mostra i disperati tentativi della Società del Tempo per
impedire una catastrofe, un annullamento completo. E il finale, una volta tanto, è
decisamente amaro, e può lasciare nel lettore una traccia d’inquietudine, non essendo
rifiutabile a livello logico. Brunner mostra a questo punto una caratteristica interessante:
per quel che riguarda i modi di interferenza e di risoluzione degli schemi temporali, non ci
assilla con un’inutile serie di astruse teorie, ma lascia aperta a chiunque legga il romanzo
una piccola porta, cioè permette a chiunque di risolvere a modo proprio il problema
impostato dai suoi personaggi. Questi ultimi, pur avendo in definitiva gli stessi nostri
problemi, hanno una formazione psicologica sostanzialmente estranea. Come appunto
sarebbe se la Spagna avesse avuto il dominio del mondo. La figura di Don Miguel non è la
più rappresentativa delll’opera: egli è solo un comprimario, una spalla diremmo, del vero
personaggio, dell’emblematico Padre Ramon. Il suo non è freddo dogmatismo, nonostante
certe frasi. E’ piuttosto l’inquieta, continua ricerca di una verità metafisica che stabilisca
una sicurezza assoluta, e proprio da ciò Padre Ramon riceve la sua consacrazione di uomo
vero, esistente in un universo ipotetico quanto nel nostro. Disgraziatamente, un mondo
che non esiste non può essere sicuro. Cosa ci risponderebbe il Gesuita se glielo facessimo
Tellini